da "Repubblica online" 25 sept 2015
L'Arabia Saudita lo ha
arrestato quando aveva 17 anni per aver partecipato a una
manifestazione. E ora è arrivato il verdetto: pena capitale. Le
cancellerie occidentali protestano, ma nessuno ha il coraggio di
spingersi oltre: la vita di un ragazzo vale meno dei ricchi contratti
di TAHAR BEN JELLOUN
Il caso fa le cose per bene: qualche giorno
prima che Ali Mohammed Al Nimr, 20 anni, nipote di un oppositore sciita
del regime dell'Arabia Saudita, fosse condannato a essere decapitato e
poi crocifisso fino a putrefazione avvenuta, Faisal Bin Hassan Trad,
l'ambasciatore saudita, è stato eletto a Ginevra presidente del
Consiglio per i diritti umani delle Nazioni unite. Da parte di questa
istituzione sempre più inefficace è una forma di umorismo nero un po'
speciale. Un umorismo color petrolio. L'Arabia Saudita, da sempre
governata dalla stessa famiglia, emette sentenze di morte a ogni piè
sospinto. È il paese che detiene il record mondiale di esecuzioni
capitali. Secondo i media e le associazioni per i diritti umani,
quest'anno ci sono state 133 esecuzioni. Il crimine di questo ragazzo
(al momento dell'arresto aveva 17 anni) è di aver partecipato a una manifestazione contro il regime.
La sentenza supera i limiti della comprensione. È un assassinio. Quel
ragazzo non ha ucciso, né violentato, né rubato. Ha solo partecipato a
una manifestazione nel corso della " primavera araba". Se sarà
giustiziato, le Nazioni unite dovrebbero perseguire l'Araba saudita. Ma
non lo faranno.
Che cosa fare in questi casi? Lasciar correre, stare zitti, tenere un
profilo basso per non perdere qualche contratto? Starsene dietro alla
propria vigliaccheria e distogliere lo sguardo? Ma è inammissibile. Per
giudicare i governanti che hanno commesso crimini contro l'umanità c'è
la Corte penale internazionale: perché non viene denunciato chi
amministra la giustizia in quel paese?
Già la condizione femminile è tra le più scandalose del mondo civile. Il
fatto di esprimere un'opinione, di osare opporsi a un sistema arcaico,
ancorché perfettamente aggiornato sotto il profilo tecnico, è punito con
la morte. Ma nel caso del giovane Ali, la punizione è già cominciata:
prima sarà decapitato, poi crocifisso e infine lasciato agli uccelli
rapaci e alla putrefazione. Immaginiamo che cosa sta passando quest'uomo
nell'anticamera della morte: è già mezzo morto, morto di paura, morto
di calvario anticipato. È diventato il simbolo della vittima la cui vita
è stata confiscata da un regime in cui i diritti umani rientrano nella
sfera del virtuale.
Anche se quello Stato ascoltasse le proteste internazionali e annullasse
la condanna, resterà il problema dell'esistenza di un sistema medievale
che non si può né criticare dall'interno né esautorare dall'esterno.
Perché è potente, molto potente. La ricchezza gli procura i miliardi
sufficienti per comprare qualsiasi cosa, dai beni materiali alle
coscienze. Nessun paese ha voglia di contrastare l'Arabia Saudita. Sì,
c'è l'Iran, ma vorrebbe soppiantarla per diventare il guardiano dei
luoghi sacri e dei diritti umani non gli importa un fico. Tutti i paesi
occidentali hanno progetti di contratti con l'Arabia e non vogliono
sacrificarli per la vita di un ragazzo. Certo diversi capi di Stato
hanno chiesto di annullare l'esecuzione di Ali, ma non vogliono
spingersi più in là di così. In quello risiede la potenza dell'Arabia
Saudita. Fa quello che vuole e non dà retta a nessuno.
Questa sentenza ricorda stranamente la condanna e l'esecuzione del
grande poeta sufi (mistico) del decimo secolo Al Hallaj. Condannato a
morte per aver detto, parlando del suo amore per Dio, " Ana Al Haq" (Io
sono la Verità), il suo corpo è stato evirato e crocifisso. È marcito al
sole. Al Hallaj era impaziente di raggiungere Dio, perché la sua
passione per la divinità l'aveva fatto rinunciare ai beni e ai piaceri
materiali della vita.
Ma se le
autorità saudite hanno deciso di crocifiggere il giovane Ali non è in omaggio al poeta sufi ma semplicemente per crudeltà e arroganza. La loro potenza è nera come l'oro che li ricopre e che li rende così disumani.
(Traduzione di Elda Volterrani)
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