da "Senza Volo, storie e luoghi per viaggiare con lentezza" di Federico Pace
http://senzavolo.it/la-transiberiana-da-mosca-a-pechino-in-treno
È il gigante più grande di tutti e chiede la più grande porzione di
pazienza possibile a uomini e donne. Pechino, la Mongolia, il lago
Bajkal, la Siberia, gli Urali e Mosca. Contenere tutto insieme sembra
impossibile. Lungo questa mastodontica strada ferrata capita di trovare
le distese che l’occhio da solo non riesce a cogliere. Chi l’ha percorsa
in un verso o nell’altro ha provato, invariabilmente, una specie di
sfinimento e annullamento. La vastità dei paesaggi, i sei fusi orari, il
bianco e il gelo. Forse perché cercare l’anima di un continente è
impresa difficile, ma cercare di capire qualcosa, come accade sulla
Transiberiana e sulla Transmongolica, di due popoli enigmatici come
quello russo e cinese, è forse impossibile. La
ferrovia attraversa l’Europa e l’Asia per quasi diecimila chilometri. E per andare da Mosca a Pechino ci si impiega un tempo che sembra quasi non finire mai.
Per la costruzione, che iniziò nel 1891, del tratto che va da Mosca a
Vladivostok ci vollero quasi trent’anni. Gli inverni lunghissimi, la
fatica immane e la paga misera. Alla fine vi lavorarono anche i
condannati ai lavori forzati. Lo zar Alessandro III scelse il decimo
anniversario di incoronazione per dare avvio ai lavori e volle che lo
scartamento (ovvero la distanza tra le parti interne del binario) fosse
diverso da quello dell’Europa e della Cina. Poi in seguito vennero
realizzate la Transmongolica e la Transmanciuriana che la collegano alla
Cina.
Per chi parte da
Mosca dalla stazione Yaroslavsky,
edificio costruito in stile neo-russo, il treno prende il via poco
prima della dieci di sera e arriva alle sei del pomeriggio a Perm, la
città europea che sta più a oriente di tutte. Poi, Pervouralsk dove c’è
la stele che segna il confine dei due continenti. Il giorno successivo
quando si arriva a Omsk, è già Siberia, già pianura infinita. Ed è gia
un altrove remoto e affascinante.
Lo scrittore e grande reporter Ryszard Kapuściński,
nell’inverno del 1958, ha viaggiato a bordo della Transiberiana nel
verso che va da Pechino a Mosca. Il treno oggi parte da Pechino alle
undici di sera e corre verso est per arrivare a Shenyang alle nove del
mattino e poi a Harbin alle tre del pomeriggio. Poi taglia la Manciuria e
sale verso il Grande Khingan, varca il confine e arriva a Cita verso le
nove del giorno successivo. Quel viaggio lo fece a cinque anni dalla
morte di Stalin, nei tempi in cui esisteva ancora il vecchio impero
sovietico e la Cina era un gigante insonnolito.
Nella Siberia meridionale, il treno corre per oltre duecento chilometri lungo l’immenso
lago Bajkal.
Un lago dalle profondità infinite. I suoi abissi sono i più profondi al
mondo e scendono fino a oltre mille e seicento metri. Proprio questo fu
l’ultimo tratto che venne costruito della ferrovia. Il più difficile di
tutti. Le montagne alte oltre duemila metri, il lago ghiacciato e le
tempeste improvvise. Si pensò di evitare di costruire la ferrovia e per
alcuni anni si provò a trasportare il treno su un gigantesco ferry boat.
L’impresa non riuscì. Alla fine la ferrovia venne costruita e i tunnel
aperti con piccozze e candelotti. Kapuściński, il lago Bajkal non riuscì
a vederlo. Neppure per un istante. Ci passò di notte e, nel finestrino,
riuscì a cogliere solo una macchia nera.
Il treno arriva nella capitale della Siberia,
Novosibirsk.
La città all’inizio era sorta come semplice centro per la costruzione
dell’immensa ferrovia. Oggi è il maggiore polo culturale della Siberia e
ci sono oltre un milione e quattrocentomila di abitanti. Da qui mancano
ancora 3303 chilometri a Mosca e tre giorni di viaggio. Per
Kapuściński, a questo punto, la cosa più difficile da sopportare fu lo
sferragliare delle ruote. Nel fracasso, notò Kapuściński, «ci si è
imprigionati dentro come in una gabbia sgangherata e traballante».
Oggi la Transiberiana pare un grande mercato. Tutto si vende e tutto
si compra. Anche qui le distese sono infinite e l’anima profonda della
Russia pare sfuggire. Persino a Kapuściński: «La Russia è sì uno spazio
vasto e sconfinato, ma questa sua grandezza risulta così schiacciante da
mozzare il fiato e impedire il respiro». Solo quando Kapuściński si
avvicina alla stazione Jaroslavskij è preso da una specie di sollievo.
La Transiberiana è un’impresa paradossale. Fu voluta strenuamente
dallo zar Alessandro III e poi dal figlio Nicola II. Ma venne completata
solo nel 1916 quando l’impero implose.Si dice che la rivoluzione
d’ottobre venne decisa, in quei giorni, durante un viaggio di sette
giorni a bordo di un treno che nel 1917 proveniva da Zurigo e andava
verso Pietroburgo. Su quel treno c’era Lenin.
Qualche anno dopo l’implosione dell’altro impero comunista avvenuta
nel 1989, cinque anni dopo la caduta del muro di Berlino, Aleksandr
Solzenicyn esule dal 1974, arrivò dagli Stati Uniti a bordo di un aereo
fino a Vladivostok. Da qui
Solzenicyn percorse tutta la Russia a bordo della Transiberiana
in un andare lento senza tappe predefinite. Tutti i deportati lo
salutavano alzando una rosa. Alla conferenza stampa poco prima di
partire, Solzenicyn disse di volere fare quel viaggio per capire cosa
era successo alla Russia e al suo popolo. Concluse dicendo di volere
vedere la Siberia perché fino ad allora l’aveva vista «solo dal
finestrino di un vagone di prigionieri».