martedì 23 dicembre 2014

Addio Mr Joe


È morto Joe Cocker, il "leone di Sheffield" e questa non è una buona notizia. Adoravo Joe Cocker, impossibile non amarlo e continuerò ad adorarlo perché una voce cosi non si può dimenticare e non tornerà più. E' stato un maestro di Soul, di Blues e di Rock puro ma è anche riuscito a infiammare il cuore di milioni di innamorati con canzoni romanticissime. Qualcuno ha detto che il suo era "un soul che arrivava dalle miniere", come a voler sottolineare la durezza del personaggio e anche il suo umile passato. Joe cocker batteva tutti in una cosa essenziale, la passione. Basta guardare un suo qualunque video per capire con quanto amore e calore si immedesimava nella sua musica.
Aspettavo un suo concerto italiano ma non ne ho avuto il tempo. Joe cocker era tra i bianchi la voce blues per eccellenza. Memorabile il duetto con Patty La Bella nella sua " You are so beautiful", da brividi, una delle canzoni più romantiche di sempre. Joe cocker mi ha sempre dato forti emozioni senza grandi sforzi. La sua voce resterà sempre impressa nella mia mente. Non c'è qualcosa di particolare che mi ha colpito di lui, era semplicemente Joe Cocker. Ho passato ore a guardare le sue performance. Non si può affermare che fosse un grande musicista, perché non lo era,  ma la sua rauca e impressionante voce è stata unica.
La sua passione e le sue espressioni facciali,  il modo in cui muoveva le mani, girando le dita su se stesse, il sorriso a denti stretti e il suo immancabile bicchiere di birra durante i concerti.
Milioni di persone hanno cantato e ballato la famosissima " you can leave your hat on" di nove settimane e mezzo o la sua versione di "Unchain my heart".
È sconvolgente la sua esibizione di Woodstock accanto ai più grandi chitarristi degli anni settanta.
Ha condotto una vita estrema Joe cocker, è caduto nel giro della droga e ed è stato schiavo dell'alcol per tanti anni. Ultimamente stava tornando a vivere ma è stato troppo tardi. Vinse anche un grammy con "Up where we belong" la canzone che lo ripropose al grande pubblico. E ancora "With a little help from my friends" e la Cover di "She is my lady".
Lascia un vuoto enorme tra gli appassionati di blues e di rock britannico.
Miss you so much Mr Joe.


mercoledì 17 dicembre 2014

La Transiberiana, tra Mosca e Pechino in treno

da "Senza Volo, storie e luoghi per viaggiare con lentezza" di Federico Pace
http://senzavolo.it/la-transiberiana-da-mosca-a-pechino-in-treno







È il gigante più grande di tutti e chiede la più grande porzione di pazienza possibile a uomini e donne. Pechino, la Mongolia, il lago Bajkal, la Siberia, gli Urali e Mosca. Contenere tutto insieme sembra impossibile. Lungo questa mastodontica strada ferrata capita di trovare le distese che l’occhio da solo non riesce a cogliere. Chi l’ha percorsa in un verso o nell’altro ha provato, invariabilmente, una specie di sfinimento e annullamento. La vastità dei paesaggi, i sei fusi orari, il bianco e il gelo. Forse perché cercare l’anima di un continente è impresa difficile, ma cercare di capire qualcosa, come accade sulla Transiberiana e sulla Transmongolica, di due popoli enigmatici come quello russo e cinese, è forse impossibile. La ferrovia attraversa l’Europa e l’Asia per quasi diecimila chilometri. E per andare da Mosca a Pechino ci si impiega un tempo che sembra quasi non finire mai.
Per la costruzione, che iniziò nel 1891, del tratto che va da Mosca a Vladivostok ci vollero quasi trent’anni. Gli inverni lunghissimi, la fatica immane e la paga misera. Alla fine vi lavorarono anche i condannati ai lavori forzati. Lo zar Alessandro III scelse il decimo anniversario di incoronazione per dare avvio ai lavori e volle che lo scartamento (ovvero la distanza tra le parti interne del binario) fosse diverso da quello dell’Europa e della Cina. Poi in seguito vennero realizzate la Transmongolica e la Transmanciuriana che la collegano alla Cina.
Per chi parte da Mosca dalla stazione Yaroslavsky, edificio costruito in stile neo-russo, il treno prende il via poco prima della dieci di sera e arriva alle sei del pomeriggio a Perm, la città europea che sta più a oriente di tutte. Poi, Pervouralsk dove c’è la stele che segna il confine dei due continenti. Il giorno successivo quando si arriva a Omsk, è già Siberia, già pianura infinita. Ed è gia un altrove remoto e affascinante.
Lo scrittore e grande reporter Ryszard Kapuściński, nell’inverno del 1958, ha viaggiato a bordo della Transiberiana nel verso che va da Pechino a Mosca. Il treno oggi parte da Pechino alle undici di sera e corre verso est per arrivare a Shenyang alle nove del mattino e poi a Harbin alle tre del pomeriggio. Poi taglia la Manciuria e sale verso il Grande Khingan, varca il confine e arriva a Cita verso le nove del giorno successivo. Quel viaggio lo fece a cinque anni dalla morte di Stalin, nei tempi in cui esisteva ancora il vecchio impero sovietico e la Cina era un gigante insonnolito.
Nella Siberia meridionale, il treno corre per oltre duecento chilometri lungo l’immenso lago Bajkal. Un lago dalle profondità infinite. I suoi abissi sono i più profondi al mondo e scendono fino a oltre mille e seicento metri. Proprio questo fu l’ultimo tratto che venne costruito della ferrovia. Il più difficile di tutti. Le montagne alte oltre duemila metri, il lago ghiacciato e le tempeste improvvise. Si pensò di evitare di costruire la ferrovia e per alcuni anni si provò a trasportare il treno su un gigantesco ferry boat. L’impresa non riuscì. Alla fine la ferrovia venne costruita e i tunnel aperti con piccozze e candelotti. Kapuściński, il lago Bajkal non riuscì a vederlo. Neppure per un istante. Ci passò di notte e, nel finestrino, riuscì a cogliere solo una macchia nera.
Il treno arriva nella capitale della Siberia, Novosibirsk. La città all’inizio era sorta come semplice centro per la costruzione dell’immensa ferrovia. Oggi è il maggiore polo culturale della Siberia e ci sono oltre un milione e quattrocentomila di abitanti. Da qui mancano ancora 3303 chilometri a Mosca e tre giorni di viaggio. Per Kapuściński, a questo punto, la cosa più difficile da sopportare fu lo sferragliare delle ruote. Nel fracasso, notò Kapuściński, «ci si è imprigionati dentro come in una gabbia sgangherata e traballante».
Oggi la Transiberiana pare un grande mercato. Tutto si vende e tutto si compra. Anche qui le distese sono infinite e l’anima profonda della Russia pare sfuggire. Persino a Kapuściński: «La Russia è sì uno spazio vasto e sconfinato, ma questa sua grandezza risulta così schiacciante da mozzare il fiato e impedire il respiro». Solo quando Kapuściński si avvicina alla stazione Jaroslavskij è preso da una specie di sollievo.
La Transiberiana è un’impresa paradossale. Fu voluta strenuamente dallo zar Alessandro III e poi dal figlio Nicola II. Ma venne completata solo nel 1916 quando l’impero implose.Si dice che la rivoluzione d’ottobre venne decisa, in quei giorni, durante un viaggio di sette giorni a bordo di un treno che nel 1917 proveniva da Zurigo e andava verso Pietroburgo. Su quel treno c’era Lenin.
Qualche anno dopo l’implosione dell’altro impero comunista avvenuta nel 1989, cinque anni dopo la caduta del muro di Berlino, Aleksandr Solzenicyn esule dal 1974, arrivò dagli Stati Uniti a bordo di un aereo fino a Vladivostok. Da qui Solzenicyn percorse tutta la Russia a bordo della Transiberiana in un andare lento senza tappe predefinite. Tutti i deportati lo salutavano alzando una rosa. Alla conferenza stampa poco prima di partire, Solzenicyn disse di volere fare quel viaggio per capire cosa era successo alla Russia e al suo popolo. Concluse dicendo di volere vedere la Siberia perché fino ad allora l’aveva vista «solo dal finestrino di un vagone di prigionieri».