mercoledì 30 settembre 2015

The Wall

Ci sono muri che crollano e muri che si costruiscono. Quando soffia il vento del cambiamento, c'è chi costruisce nuovo muri e chi mulini a vento dice un vecchio detto cinese,. Ci sono muri che hanno il colore della pelle e muri che portano i segni dell'ignoranza umana.
Ci sono muri che hanno il dolore della guerra e di milioni di morti senza un perché, ci sono muri che dividono gli orientamenti sessuali tra normali e anormali, muri che dividono i pensieri unici da quelli non comuni, muri culturali ma non meno pericolosi che dividono tra chi sa e chi no, ci sono muri tra chi può e chi non può comprare la vita altrui, muri che dividono lo stesso mondo, ci sono muri che dividono le divinità e in alcuni casi ci sono muri che addirittura dividono uno stesso Dio. Ci sono muri che dividono un pezzo di pane in due ma lo lasciano cadere sempre dallo stesso lato, muri non ci permettono di vedere più lontano dei nostri piedi, muri che creano paura, muri che creano odio, muri eretti in 6 giorni e che durano 50 anni, vecchi muri di tanti anni fa  ma che portano ancor oggi il segno, muri che dividono ordine e disordine e muri che spezzano le ali al pensiero.
The Wall è tutto questo, un musical incredibile, monumentale, a tratti toccante, un film documentario sul concerto evento di Roger Waters che richiama il periodo dei Pink Floyd. E' il tour portato in giro in questi anni da Roger Waters ma ovviamente si ispira totalmente all'album indimenticabile del gruppo.
The Wall è la storia di Pink, ragazzo disagiato orfano di padre, vittima del sistema scolastico. The Wall sono le emozioni, le paure, le sensazioni di Pink, ma sono anche quelle di ognuno di noi. Musicalmente è Pink Floyd, ma viene raccontato solo da Roger Waters. Another Brick in the Wall, quel ritornello cantato da bambini, ormai è Storia, nessuno può ignorarlo. E' un canto di protesta, ma sopratutto è un canto di verità.
Quanti muri.
Nel musical c'è dentro tutto il dolore di un figlio che ha perso il padre prima di conoscerlo, quello stesso padre che a sua volta aveva subito lo stesso destino. Stessa combinazione di eventi, due famiglie distrutte, due guerre diverse, la prima e la seconda guerra mondiale. Il nonno di Roger Waters sepolto in un cimitero francese che ne ricordava il lavoro, minatore, e il grado militare. Il padre morto in Italia ad Anzio, in una storica battaglia. Sono due ore e 50 minuti in cui si alternano immagini del tour e il percorso di strada che porta Roger dall'Inghilterra al cimitero militare di Cassino, in Italia,  per omaggiare il padre.
Uno spettacolo di teatro rock che ha pochi eguali nel mondo, che tocca l'apice in Comfortably Numb, sicuramente il momento più alto musicalmente parlando. Non c'è David Gilmour, ahimè, ma ci si accontenta. Il contrasto tra i due leader emerge anche nel post film, quando chiacchierando con Nick Mason si parla di una possibile Réunion e Waters la esclude perché non ne vede il motivo. Io preferisco che non avvenga, i Pink Floyd preferisco ricordarli cosi come erano.
The Wall ti lascia dentro la felicità per aver visto un grande spettacolo e la tristezza per non esserci stato dal vivo. 
Il film documentario si chiude con Il musicista che va a trovare il padre e gli suona la tromba nel silenzio surreale di quel luogo sacro. Effetti speciali di altissimo livello e Waters è stato bravo a non personalizzare troppo gli originali dei Pink Floyd. È rimasto fedele all'originale, pur essendo per natura molto personalista ed eccentrico.
Tutto cominciò con uno sputo, che Roger Waters diede a un fan, ne soffri talmente tanto che comincio a pensare ai muri mentali e fisici che spesso si erigono tra le persone. Dal quel gesto ad uno dei più grandi spettacoli della storia musicale. Roba di altri tempi.





sabato 26 settembre 2015

Il mondo salvi Alì, condannato alla crocifissione dal regno del petrolio

da "Repubblica online" 25 sept 2015


L'Arabia Saudita lo ha arrestato quando aveva 17 anni  per aver partecipato  a una manifestazione. E ora è arrivato il verdetto:  pena capitale. Le cancellerie occidentali protestano,  ma nessuno ha il coraggio di spingersi oltre: la vita di un ragazzo vale meno dei ricchi contratti


Il caso fa le cose per bene: qualche giorno prima che Ali Mohammed Al Nimr, 20 anni, nipote di un oppositore sciita del regime dell'Arabia Saudita, fosse condannato a essere decapitato e poi crocifisso fino a putrefazione avvenuta, Faisal Bin Hassan Trad, l'ambasciatore saudita, è stato eletto a Ginevra presidente del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni unite. Da parte di questa istituzione sempre più inefficace è una forma di umorismo nero un po' speciale. Un umorismo color petrolio. L'Arabia Saudita, da sempre governata dalla stessa famiglia, emette sentenze di morte a ogni piè sospinto. È il paese che detiene il record mondiale di esecuzioni capitali. Secondo i media e le associazioni per i diritti umani, quest'anno ci sono state 133 esecuzioni. Il crimine di questo ragazzo (al momento dell'arresto aveva 17 anni) è di aver partecipato a una manifestazione contro il regime. La sentenza supera i limiti della comprensione. È un assassinio. Quel ragazzo non ha ucciso, né violentato, né rubato. Ha solo partecipato a una manifestazione nel corso della " primavera araba". Se sarà giustiziato, le Nazioni unite dovrebbero perseguire l'Araba saudita. Ma non lo faranno.
Che cosa fare in questi casi? Lasciar correre, stare zitti, tenere un profilo basso per non perdere qualche contratto? Starsene dietro alla propria vigliaccheria e distogliere lo sguardo? Ma è inammissibile. Per giudicare i governanti che hanno commesso crimini contro l'umanità c'è la Corte penale internazionale: perché non viene denunciato chi amministra la giustizia in quel paese?
Già la condizione femminile è tra le più scandalose del mondo civile. Il fatto di esprimere un'opinione, di osare opporsi a un sistema arcaico, ancorché perfettamente aggiornato sotto il profilo tecnico, è punito con la morte. Ma nel caso del giovane Ali, la punizione è già cominciata: prima sarà decapitato, poi crocifisso e infine lasciato agli uccelli rapaci e alla putrefazione. Immaginiamo che cosa sta passando quest'uomo nell'anticamera della morte: è già mezzo morto, morto di paura, morto di calvario anticipato. È diventato il simbolo della vittima la cui vita è stata confiscata da un regime in cui i diritti umani rientrano nella sfera del virtuale.
Anche se quello Stato ascoltasse le proteste internazionali e annullasse la condanna, resterà il problema dell'esistenza di un sistema medievale che non si può né criticare dall'interno né esautorare dall'esterno. Perché è potente, molto potente. La ricchezza gli procura i miliardi sufficienti per comprare qualsiasi cosa, dai beni materiali alle coscienze. Nessun paese ha voglia di contrastare l'Arabia Saudita. Sì, c'è l'Iran, ma vorrebbe soppiantarla per diventare il guardiano dei luoghi sacri e dei diritti umani non gli importa un fico. Tutti i paesi occidentali hanno progetti di contratti con l'Arabia e non vogliono sacrificarli per la vita di un ragazzo. Certo diversi capi di Stato hanno chiesto di annullare l'esecuzione di Ali, ma non vogliono spingersi più in là di così. In quello risiede la potenza dell'Arabia Saudita. Fa quello che vuole e non dà retta a nessuno.
Questa sentenza ricorda stranamente la condanna e l'esecuzione del grande poeta sufi (mistico) del decimo secolo Al Hallaj. Condannato a morte per aver detto, parlando del suo amore per Dio, " Ana Al Haq" (Io sono la Verità), il suo corpo è stato evirato e crocifisso. È marcito al sole. Al Hallaj era impaziente di raggiungere Dio, perché la sua passione per la divinità l'aveva fatto rinunciare ai beni e ai piaceri materiali della vita.
Ma se le autorità saudite hanno deciso di crocifiggere il giovane Ali non è in omaggio al poeta sufi ma semplicemente per crudeltà e arroganza. La loro potenza è nera come l'oro che li ricopre e che li rende così disumani.


(Traduzione di Elda Volterrani)

giovedì 17 settembre 2015

"Lo straniero" di Camus



Ho appena finito di rileggere “Lo Straniero” di Albert Camus, un capolavoro della letteratura europea. Lo straniero è stato scritto nel 1942 ma è di una attualità sconvolgente. Potrebbe essere stato scritto un mese fa come anche 300 anni fa.
Il protagonista Meursault è un uomo comune, un uomo che vive la vita come una serie coincidenze ed eventi non legati a se da nessun ordine materiale o divino. La vità è una casualità e l’uomo non è legato in nessun modo al circostante se non nella misura che egli stesso decide. E’ un libro impressionante “Lo straniero”, Camus riesce nell’impresa di annullare ogni emozione al protagonista, anche la più piccola e anche nei momenti difficili. Meursault uccide per il sole, è impassibile davanti alla morte della madre, non si rallegra davanti alla donna con cui condivide una storia d’amore ma non pensa di essere innamorato. Meursault è la massima esposizione del nulla, perché si trova nel mezzo di una società che lo rende straniero, produttivo per essa ma annullandolo. Dio non esiste e l’uomo che si trova da solo di fronte all’universo vive senza alcuna legge morale, secondo i limiti che egli stesso si impone. Ma non esiste nemmeno l’emozione, poiché la vita è un susseguirsi di eventi casuali e senza nesso logico, in cui tutto è fatalità e niente ha logica, se non la logica del nulla. Anche davanti alla condanna a morte il protagonista non cerca giustificazioni, non si difende e aborra le menzogne. Nella fantastica introduzione, Saviano descrive cosi il l’autore” La vita di Albert Camus è un romanzo che è possibile leggere in tutte le sue opere, vere e proprie tessere di un prezioso mosaico. Francese nato in Algeria. Francese che vive tra francesi d'oltremare. Francese che vive tra arabi. Francese che vive tra arabi che percepiscono le sue origini europee come un privilegio; eppure francese che proviene da una famiglia umile, di lavoratori. Camus nella sua vita si sentirà straniero sempre e per tutti. Straniero in Algeria perché privilegiato, straniero tra francesi. Ma straniero anche e soprattutto per la sua condizione di uomo; quindi, in definitiva, straniero tra stranieri.
Camus è straniero a tutto. La sua estraneità lo rende cittadino della riflessione continua. E quando nel '42 pubblica Lo straniero decide di fissare in volto il più complesso dei temi: l'estraneità dell'uomo alla società, all'universo intero. L'incolmabile e insanabile solitudine dell'uomo. Insomma, quando leggi Lo straniero , quando leggi del suo protagonista che per puro caso ammazza un arabo, quando leggi come tutto avvenga per fatalità, ti accorgi che Camus è riuscito in un'impresa impossibile: quella di descrivere l'esistenza come qualcosa che accade. E l'ha fatto non da uomo rinchiuso nei suoi demoni, non da uomo separato dal suo mondo, ma da uomo che vive pienamente la sua vita, e nonostante ciò ha compreso che la vita in fondo capita, senza ragione, senza colpa, semplicemente capita.”
Lo stesso Camus, forte dell’esperienza individuale di ognuno, che poi non è altro che il vissuto, diventa cosi alla base dell’esistenzialismo, ovvero il dovere di ogni uomo di affrontare come può il destino, che a volte riteniamo irrazionale, ma non perché non lo comprendiamo ma perché non ha logica per Camus. Tutto è senza senso, fino all’esistenza stessa, quindi anche l’emozione che associamo a determinati comportamenti. E’ semplicemente il teorema dell’Assurdo.
Tutto si manifesta alla fine del romanzo, dove lo stesso protagonista, oramai condannato a morte descrive il tutto con una lucidità tragica “Così vicina alla morte, la mamma doveva sentirsi liberata e pronta a rivivere tutto. Nessuno, nessuno aveva il diritto di piangere su di lei. E anch'io mi sentivo pronto a rivivere tutto. Come se quella grande ira mi avesse purgato dal male, liberato dalla speranza, davanti a quella notte carica di segni e di stelle, mi aprivo per la prima volta alla dolce indifferenza del mondo. Nel trovarlo così simile a me, finalmente così fraterno, ho sentito che ero stato felice, e che lo ero ancora. Perché tutto sia consumato, perché io sia meno solo, mi resta da augurarmi che ci siano molti spettatori il giorno della mia esecuzione e che mi accolgano con grida di odio”.

Sicily road trip

C'è un pezzo di Sicilia che va fatta in strada, un road trip che ho ripetuto dopo tanti anni.
In totale abbiamo fatto circa 1000 km da quando abbiamo preso la macchina a Siracusa fino a quando l'abbiamo lasciato a Catania

Dalla città di Archimede a Cefalù passando da Messina via autostrada all'andata.
Abbiamo dormito nella città con i
l bellissimo duomo normanno.
L' indomani siamo ripartiti e siamo arrivati sui Monti iblei attraversando tutto il litorale tra Palermo e Catania con le Eolie sempre in vista, viaggio bellissimo tra montagne e mare. La strada si trova ai bordi del Tirreno e attraversa i paesini litoranei.
Siamo risaliti per i Nebrodi e trovandoci fino al versante ovest di Etna. Scendendo per  Catania siamo stati invasi da migliaia di piante di fichi d'India e abbiamo poi raggiunto Ferla superando la valle del Simeto e la zona dei frutteti di Lentini Carlentini Francofonte. Strada che avevo oramai dimenticato e che mi ha evocato tantissimi ricordi. Vedi tante Sicilie e ogni ora ti trovi davanti a panorami completamente diversi. Dal road trip sul mare fino a Patti, sali poi in montagna e ti ritrovi in paesini sperduti come Ucria. Ci siamo fermati per un buon caffè a Floresta, paese più alto della Sicilia, dove fa neve per cinque mesi l'anno. Dal versante del Monte Soro poi ci siamo catapultati tra le enormi distese di pietra nera del vulcano e siamo arrivati in un'oretta a Catania. Cosi dall'araba e fantastica Cefalú siamo passati alla montagna per poi ritrovarci immersi nelle colline dei monti Iblei.
L'indomani siamo passati al Barocco incantato di Noto, città incredibile e al Borgo di pescatori di  Marzamemi, dove ci siamo goduti un ottimo Spritz con il sole calante.Tutto tra un tramonto e un altro. Infine nella bellissima Pantalica, la vecchia necropoli che vive ancora tra leggende e miti.
Terra magica e piena di tesori questa Sicilia.